Socialità del cavallo. Il branco domestico oggi.
SOCIALITA’ NEL CAVALLO DOMESTICO di Giulia Gaibazzi.
Il cavallo che oggi conosciamo è il risultato 65 milioni di anni di evoluzione. Gli ultimi 6000 anni a contatto con l’uomo hanno influito sul processo in misura ridotta, se paragonati all’intero arco di tempo.
Nel corso dei millenni la natura ha fatto del cavallo un animale erbivoro, una preda che vive in branchi distribuendosi su vastissimi territori. Cerchiamo di capire cosa questo significa nella realtà di tutti i giorni.
I bisogni fisiologici sono legati alla sopravvivenza e, insieme ai bisogni di sicurezza, sono definiti primari poiché legati a necessità di tipo biologico. Per il cavallo camminare molti chilometri lungo l’intero arco della giornata, su terreni vari, mangiando quasi costantemente diversi tipi di erbe e arbusti , cooperando con un gruppo stabile di conspecifici, rappresentano necessità biologiche.
ll suo apparato muscolo-scheletrico si è evoluto per questo tipo di attività, così come i suoi organi e il sistema circolatorio, quello digerente e l’organizzazione sociale all’interno del branco.
In ambiente domestico, dove lo stile di vita si discosta dal modello naturale , diminuisce la selezione ad opera della natura e al contempo aumentano le problematiche tipiche della domesticazione. Nei soggetti in cattività si riscontrano problemi quali cattiva circolazione, a partire dagli arti che dobbiamo fasciare in box, diverse patologie a carico degli zoccoli ferrati, coliche, problemi polmonari e al cuore, allergie e evidenti problemi comportamentali. La lista è lunga ma non bisogna disperarsi, piuttosto cercare il giusto compromesso che oggi è possibile e compatibile con l’attività sportiva del nostro cavallo, cercando di capirlo e gestire meglio gli spazi e le risorse che abbiamo a disposizione.
Riflettendo su questo contesto, mi sono resa conto che l’esigenza biologica che siamo riusciti a modificare maggiormente nel cavallo è legata alla sua socialità. In primo luogo è cambiata la socialità interspecifica , un animale che era la preda per antonomasia , si è adeguato a vivere a contatto con quello che era l’essenza del predatore, l’uomo. D’altronde anche noi siamo cambiati nell’arco dei millenni. L’istinto di sopravvivenza suggerisce ancora al cavallo di adottare strategie di fuga verso l’umano ma più forte è ormai la reciproca collaborazione e dipendenza che si è instaurata nel lungo periodo.
Sarebbe un cavallo socialmente patologico quello che ci considera come un essere della stessa specie, anche se abituato alla nostra presenza, viene a mancare la comunicazione e lo stretto contatto che naturalmente c’è tra individui simili .. Possiamo però essere buoni amici se pur di specie e natura diverse.
Un aspetto che invece non siamo riusciti a variare è l’esigenza che il cavallo ha di interagire con altri individui della stessa specie. Cavalli che vivono in isolamento possono presentare comportamenti anomali e sintomi di stress che col tempo evolvono in disturbi fisici. Un esempio tra tanti è un tic nervoso che sfocia in disturbi gastrici. Non disperiamo, è possibile modificare la gestione del nostro cavallo per garantirgli una vita felice, il problema è che ad oggi molti soggetti hanno una socialità anomala dovuta all’essere cresciuti in isolamento. In questo caso al momento dell’inserimento in un branco domestico, possono nascere tensioni legate al fatto che la comunicazione e la percezione dello spazio personale di ogni singolo individuo non è chiara. Casi rappresentativi sono i cavalli eccessivamente aggressivi o, al contrario, eccessivamente sottomessi e apatici.
COSA CONSERVA IL BRANCO DOMESTICO DI QUELLO SELVATICO ?
Il cavallo ha bisogno del suo branco, l’istinto di sopravvivenza che lo spinge a cooperare con i suoi simili gli suggerisce che il singolo individuo non ha nessuna difesa, eccetto la fuga, contro i pericoli dell’ambiente circostante. Da questo bisogno si è sviluppata la socialità del cavallo che per sopravvivere costituisce GRUPPI FAMIGLIARI nei quali ogni individuo ha un ruolo importante per la sopravvivenza. I compiti sono detenuti dai soggetti più adatti allo svolgimento di ogni determinata azione, la selezione avviene attraverso una competizione per la gerarchia orizzontale. In questo scenario lo scontro fisico è l’ultima opzione considerata, dovuto a un insuccesso di comunicazione oppure a un momento di riorganizzazione delle gerarchie, come può accadere dopo il subentro di un nuovo individuo esterno o in uno scontro tra stalloni per il possesso dell’harem.. Si sa, sono maschi.
Un branco equilibrato dà all’osservatore esterno un SENSO DI PACE,ARMONIA E COLLABORAZIONE in cui ogni individuo interagisce con gli altri garantendo da parte sua lo svolgimento di un compito e ricevendo dal branco la garanzia che i restanti ruoli siano svolti da altri soggetti competenti. Questo meccanismo viene a mancare al cavallo scuderizzato che nel suo ambiente ristretto soffre della mancanza dei suoi simili e si trova costretto ad assolvere quella moltitudine di compiti che in natura sarebbero svolti da altri individui del branco.
Il BRANCO DOMESTICO deve affrontare un PERCORSO DI RINATURALIZZAZIONE per raggiungere lo stato di armonia ed empatia che rispecchia la vera socialità del cavallo. Questa TRANSIZIONE sociale coinvolge ogni componente del gruppo e a volte può richiedere molto tempo. Questa trasformazione riguarda la capacità di comunicazione e la percezione dello spazio personale di ogni singolo individuo insieme alla capacità di gestire il territorio che gli viene messo a disposizione. Difficilmente il nostro branco sarà di tipo famigliare, per cui dobbiamo lasciare il tempo che si sviluppi tra individui che non si conoscono quella comprensione e complicità che solo tra ottimi amici può esistere. Immaginiamo il branco come un gruppo di persone al lavoro per una causa importante, per ottenere una perfetta collaborazione serve tempo per conoscersi a fondo, superare le divergenze e valorizzare le competenze di ognuno.
Anche quando questa transizione sarà avvenuta, ci potrebbero essere soggetti che in natura non sceglierebbero di stare insieme e devono avere lo spazio necessario per dividersi dal branco pur condividendone le risorse, magari scegliendo loro stessi di alimentarsi in orari diversi, formando un piccolo sotto-gruppo. Ricordo che quello che nasce come un disagio non va sottovalutato, potrebbe evolvere in stress e poi malattia quindi quando la prima soluzione non è possibile è meglio dividere il gruppetto o la coppia asociale in un ambiente differente.
BUONE E CATTIVE AMICIZIE
Come a scuola, è sempre colpa delle cattive amicizie.. Scherzi a parte, nel branco gli amici pericolosi sono quelli non ancora adattati alla vita di gruppo, sono rissosi, seminano discordia e provocano ansia, sono in definitiva un pericolo potenziale anche per il fisico dei compagni. Questi soggetti vanno isolati nelle immediate vicinanze del branco, è fondamentale che possano comunque vedere ed interagire con il gruppo separati però da una recinzione e il prima possibile bisogna trovare un amico o un gruppetto compatibili con il loro cattivo carattere. Non si tratta di soggetti irrecuperabili, ma cavalli che col tempo si riequilibreranno e potranno tornare nel branco, magari stupendoci diventando negli anni dei saggi o delle guide per gli altri componenti.
Le ‘buone amicizie’ sono quegli individui che hanno raggiunto la naturalizzazione sociale, che per carattere e ruolo possono aiutare gli altri soggetti a sentirsi a proprio agio nello spazio e rispetto agli altri componenti del branco. Si tratta di cavalli pacificatori, razionali e consapevoli.
MITI DA SFATARE
Con la scusa di essere naturali, alcuni metodi ricorrono all’educazione forzata e brusca di un primo cavallo dominante su di un secondo che si vuole sottomettere perché maleducato. Bisognerebbe lavorare sulla causa della maleducazione che quasi sempre deriva da una cattiva gestione da parte dell’uomo oppure dall’isolamento sociale del soggetto. All’interno di un branco stabile è difficile che il puledro cresca maleducato e senza un proprio ruolo, ma come lui percepirà la presenza dell’uomo, ovviamente, è nostra responsabilità.
Per esperienza personale posso dire che alla lunga il cavallo saggio, l’educatore, risentirà di essere utilizzato come correttore di cavalli dominanti in quanto è innaturale il ripetersi di questi ‘eventi punitivi’ , come potrebbe essere l’incontro del branco con un giovane stallone o uno scapolo errante. L’educatore potrebbe diventare col tempo eccessivamente aggressivo o al contrario mortificarsi divenendo più remissivo, e alla lunga insorge il disagio. Per il cavallo irruento da educare è comunque un momento di stress, e, se la ‘cura’ funziona, traumatico. Un lento e progressivo inserimento in branco e al contempo un’educazione ad opera dell’uomo calcolata e misurata sarebbe a mio avviso preferibile all’incontro stile boxe sul ring.
BENEFICI DELLA SOCIALITA’ NATURALIZZATA
I cavalli sviluppano un’INTELLIGENZA COLLETTIVA formata dall’intelligenza ritrovata di ogni singolo soggetto in funzione del benessere dell’intero branco. Questa intelligenza è la capacità coordinarsi e comunicare con il resto del gruppo, la capacità di gestirsi nello spazio e utilizzare le risorse disponibili, organizzarsi in sottogruppi e amici e mantenere al contempo la propria indipendenza all’interno del branco. Per indipendenza intendo la capacità di scegliere autonomamente, ad esempio, la strada migliore per raggiungere una risorsa oppure staccarsi dal branco per raggiungerla. E’ importante sapere che in ambiente domestico, nel branco ben costituito in cui l’uomo operi correttamente , i cavalli non sono imbrancati in maniera morbosa tra loro, sintomo piuttosto di un branco non assestato, di soggetti che non hanno terminato la transizione o che si sentono INSICURI in presenza dell’uomo .
L’UOMO, IL BRANCO E LA SOCIALITA’
Come può l’uomo interagire nel branco ? Come possiamo immaginarci in un contesto di branco domestico, l’uomo non potrà apparire come un cavallo o un normale membro del branco. Saremo piuttosto un soggetto fuori categoria ma potremmo inventare un nuovo ruolo, una piacevole alternativa diventando una parte normale della routine giornaliera dei cavalli. E’ importante condividere lo spazio con il branco in questa abitudine, ammirare la loro socialità ritrovata, acquisire un po’ della loro armonia. Il momento dell’attività può coesistere con la vita in branco dei cavalli domestici divenendo un momento sereno in cui l’animale si allontana dal resto del branco per COOPERARE CON IL PROPRIO UMANO.